Il FASD può presentarsi nei bambini la cui madre ha bevuto alcol in gravidanza, ma la diagnosi è difficile e può arrivare anche dopo una vita di sofferenza. Ce lo racconta Claudio, che per far conoscere e affrontare il problema ha fondato l’associazione AIDEFAD.

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Cristina Da Rold

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Rassegna Stampa

POSTATO IL

27 Novembre 2018

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La storia di Claudio

Siamo a Venezia, è il 1979. Il bambino che diventerà presto Claudio Diaz ha 10 giorni e viene adottato da una famiglia dell’alta borghesia cittadina. Da subito ci si accorge di qualche alterazione nel comportamento, ma non ci si fa troppo caso. In quegli anni si pensava ancora che i problemi del bambino si risolvessero automaticamente con l’adozione, che un contesto sereno e agiato avrebbe appianato qualsiasi difficoltà iniziale.

Oggi sappiamo che l’ambiente, pur importante, non è sufficiente, soprattutto i danni sono permanenti. Claudio non lo sa e non lo saprà per trent’anni, ma lui è stato esposto durante la gravidanza ad alcol e droghe e alcuni suoi problemi rientrano nel disturbo dello spettro fetale alcolico, FASD (Fetal Alcohol Spectrum Disorders) un insieme di effetti negativi che possono manifestarsi nei bambini la cui madre ha bevuto alcol durante la gravidanza. I danni causati dall’alcol in gravidanza sono ampiamente descritti nella letteratura scientifica, minori conoscenze invece si hanno sulle droghe.

Il FASD può determinare ad esempio deficit cognitivi e di sviluppo psicomotorio, iperattività, problemi di linguaggio e di attenzione, fino ad arrivare alla sua espressione più grave che è la FAS (Sindrome Alcol Fetale) che può manifestarsi con malformazioni caratteristiche al volto, ritardo di crescita, disfunzioni del sistema nervoso centrale.

L’Associazione AIDEFAD, la prima e unica in Italia, è stata fondata da Claudio appena due mesi fa e vuole rispondere alla necessità di far conoscere questo problema, promuovere la possibilità di far diagnosi e di prendere in carico pazienti bisognosi di interventi di cura e riabilitazione.

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