…“Oggi vediamo giovani consumatori di alcol che presentano sintomi e alterazioni comportamentali non inquadrabili in altre patologie e molti di loro potrebbero avere avuto madri che consumavano alcolici. Questa discontinuità comportamentale che non appartiene a nessuna categoria diagnostica – prosegue Garofani – deve essere approfondita per creare attorno alla persona una rete di adulti consapevoli (al di là della diagnosi) che il loro atteggiamento di comprensione e inclusione è già metà della cura visto che una cura farmacologica non esiste”…
AUTORE
Claudio Diaz
CATEGORIA
Bacheca, Associazione
POSTATO IL
7 Ottobre 2022
SOCIAL
Salute Focus Ferrara è un format web dell’Azienda USL il cui obbiettivo è l’approfondimento e divulgazione di tematiche sanitarie.
Il 20 settembre 2022 nel consueto appuntamento del martedì si è parlato dello Spettro dei Disordini Feto Alcolici (FASD) con la dr.ssa Luisa Garofani direttrice del Serd di Ferrara, la dr.ssa Franca Emanuelli direttrice dell’UONPIA Ausl Ferrara e il dr. Massimo Trombini tossicologo del Sert Ausl Ferrara.
“Le donne che utilizzano alcol in gravidanza – spiega il tossicologo Trombini – si espongono ad un rischio indipendentemente dai quantitativi. Ad oggi infatti non è stato definito un dosaggio certo di alcol oltre al quale si sviluppa la malattia, è quindi fondamentale non usarne nemmeno piccole quantità”. E Trombini prosegue: “L’alcol con metaboliti tossici agisce a livello placentare. Il feto può andare incontro all’ipossia, ovvero scarsa ossigenazione con ripercussioni sui tessuti più sensibili, quindi sul sistema nervoso, con conseguenze sul neuro sviluppo del bambino che può manifestarsi alla nascita o negli anni successivi”.
“Il feto non è in grado di metabolizzare l’alcol – ha poi concluso – quindi occorre massima attenzione per la donna in gravidanza e noi con il nostro servizio siamo pronti ad accogliere le donne che hanno problematiche di alcol e scoprono di essere incinte, ma facciamo anche prevenzione a 360 gradi”.
La dr.ssa Emanuelli ha spiegato la vasta gamma di problematiche che possono presentarsi in modo molto eterogeneo nei bambini con FASD e quanto sia importante per il medico conoscere l’intero Spettro dei Disordini Feto Alcolici al fine di riuscire a intercettare precocemente anche le manifestazioni più sfumate e meno evidenti garantendo in questo modo la corretta diagnosi che significa corretta presa in cura.
“Le prime evidenze si possono avere addirittura durante la gravidanza con il segno del basso peso, un bimbo molto piccolo o con anche caratteristiche facciali riconoscibili nel momento in cui la sindrome è nella sua massima espressione (linee palpebrali, bocca, caratteristiche muscoloscheletriche)”. “Qui – precisa Emanuelli – è più semplice il sospetto diagnostico mentre le difficoltà ad intercettare la sindrome ci sono quando questi “indicatori” non sono presenti ma ci sono altre problematiche, da solo o insieme. Si va da problematiche cardiologiche, renali, difficoltà neurocomportamentali e anche nelle funzioni esecutive, nei processi di memoria attenzione ed apprendimento”. E ancora: “Queste problematiche devono far nascere il sospetto diagnostico da parte dei clinici che per primi entrano in contatto con il bambino, dai pediatri agli specialisti. Sono caratteristiche generali che vanno magari messe insieme alle informazioni relative alla nascita ed eventualmente alla storia della gravidanza del bambino”. E chiude affermando: “E’ necessario, ha sottolineato la direttrice dell’UONPIA, un diverso approccio verso la diagnosi”.
La nostra Referente per l’Emilia-Romagna, avv. Alessandra Pisa, ha sottolineato e ribadito questi concetti
“La diagnosi rappresenta la salvezza per le famiglie e per i bambini perché consente di avere una strada da percorrere. L’altro problema che esiste per le famiglie FASD – afferma Pisa – è il dopo, ovvero quello che si fa per i bambini con FASD. Ci sono trattamenti che se utilizzati con consapevolezza e rigore scientifico rispetto alla patologia del bambino possono dare risultati importanti”.
La dr.ssa Emanuelli affronta poi un altro tema di grandissima importanza che è estremamente caro ad AIDEFAD: la cura centrata sulla persona.
“Occorre fare un progetto riabilitativo che tenga conto delle specifiche caratteristiche individuali del bambino – mette poi in evidenza la neuropsichiatra Emanuelli – Un profilo evolutivo con i suoi punti di forza e di fragilità e andare ad incidere proprio su quelli. E’ importante – ha aggiunto – stabilire una gerarchia di interventi e partire da quelli che più impattano sulla fase di sviluppo in cui si trova il bambino in quel momento”.
E’ poi intervenuta anche la nostra associata Emanuela Palmieri, mamma di una bellissima e determinatissima ragazzina di 14 anni con una diagnosi di FASD esitata successivamente in Spettro Autistico. Emanuela evidenzia alcune criticità tra le quali la difficoltà nel reperimento del dato certo di esposizione all’alcol che rende molto difficile la diagnosi in assenza dei tipici dismorfismi facciali
“Parlarne e fare prevenzione è fondamentale – ha ricordato Emanuela – Per le famiglie oggi è importante non sentirsi sole e sapere che le fragilità dei propri figli dovute alla FASD, se affrontate insieme, possono sembrare più piccole e fare meno paura”.
La dr.ssa Emanuelli evidenzia altri due aspetti di grande importanza, la necessità di un approccio multidisciplinare e della prevenzione.
“A differenza delle altre patologie della neuropsichiatria infantile, la FASD si può prevenire perché è legata ad un comportamento evitabile. I genitori hanno bisogno di essere sostenuti – ribadisce Franca Emanuelli – e la società deve lavorare per diffondere le informazioni il più possibile. “Questa sindrome obbliga noi medici a fare rete anche perché è una problematica sempre più diffusa”.
Fondamentale quindi il tema della prevenzione ampliando il raggio agli stili di vita. “Dobbiamo anche tenere presente che si tratta di uno specifico ambito della medicina di genere – evidenzia la direttrice del Serd Ausl Ferrara Luisa Garofani -. Questa sindrome riguarda la vulnerabilità all’azione tossica dell’alcol delle donne e delle adolescenti, che è più elevata rispetto ai loro coetanei maschi. Questo tipo di prevenzione, che sull’alcol parte dall’inizio del consumo ipotetico di alcol, deve far passare il messaggio che la gravidanza deve essere vissuta con senso di responsabilità e adeguatezza per non mettere a rischio una creatura che non solo non ha responsabilità alcuna ma che porterà con sé i segni di questa mancanza di comunicazione che c’è stata per anni.”
“Oggi vediamo giovani consumatori di alcol che presentano sintomi e alterazioni comportamentali non inquadrabili in altre patologie e molti di loro potrebbero avere avuto madri che consumavano alcolici. Questa discontinuità comportamentale che non appartiene a nessuna categoria diagnostica – prosegue Garofani – deve essere approfondita per creare attorno alla persona una rete di adulti consapevoli (al di là della diagnosi) che il loro atteggiamento di comprensione e inclusione è già metà della cura visto che una cura farmacologica non esiste”.
“Occorre – chiude la direttrice del Sert – la consapevolezza collettiva di tutto il sistema sanitario su questo tema, dai ginecologi ai medici di base, alle ostetriche ai pediatri, tutte le figure sanitarie devono concorrere perché ogni donna conosca il rischio che corre consumando alcol in gravidanza, e che corre il suo bambino”.
Questa la trasmissione intera, ma se desiderate vedere i singoli interventi potete visitare il nostro canale Youtube
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