…Questo lavoro è stato possibile grazie alla collaborazione dell’Associazione Italiana Disordini da Esposizione Fetale ad Alcol e/o Droghe (AIDEFAD) di cui è presidente e fondatore Claudio Diaz, una persona che ha vissuto e vive i problemi correlati ai Disturbi da Esposizione Fetale ad Alcol e/o Droghe (FASD).
Gli associati di AIDEFAD hanno contribuito con la loro testimonianza, condividendo la loro esperienza sulla FASD, attraverso questionari ed interviste.
Da questa indagine emerge la tendenza della biomedicina a privilegiare l’aspetto biologico e a ridurre la dimensione socioculturale della malattia, senza tener conto del contesto sociale, relazionale e delle condizioni di crescita…
AUTORE
Miriana Benvenga
CATEGORIA
In Evidenza, Tesi, FASD, Premio Debiasi
POSTATO IL
28 Marzo 2021
SOCIAL
Il lavoro svolto in questa tesi, attraverso un’indagine socio-antropologica sulla FASD (Spettro dei Disturbi Feto-Alcolici), cerca di mettere in rilievo l’influenza degli aspetti socio-relazionali sulla condizione di malessere. Mediante l’obiettivo di questa tesi, cioè effettuare un’indagine socio-antropologica sulla FASD (Spettro dei Disturbi Feto-Alcolici), si vuole mettere in luce l’incidenza degli aspetti socio-relazionali sul malessere, che la scienza medica tende a trascurare, soprattutto a causa della difficile definizione della FASD in quanto è una malattia nuova ed in fase di costruzione nel sapere medico. La base teorica a cui fa riferimento questa indagine è quella dell’antropologia medica, che attraverso la ricerca produce riflessioni su corpo, salute e malattia, mettendoli in relazione ai diversi contesti culturali, sociali e politici.
Ho scoperto l’esistenza della Sindrome Feto-Alcolica e i Disturbi Correlati (FASD) leggendo un articolo pubblicato sul quotidiano on line 24live. La Sindrome Feto-Alcolica e i Disturbi Correlati (FASD) è una patologia diffusa, ma poco conosciuta e spesso mal diagnosticata, per cui viene considerata una malattia rara, invisibile e nascosta. Chi ne soffre non è compreso, a tal punto da dover subire anche lo stigma sociale di essere etichettato come “un caso psichiatrico” e rischiare dunque di non essere curato adeguatamente e di subire il peggioramento del suo stesso quadro clinico per motivi indirettamente collegabili al suo comportamento o alla malattia stessa.
Questo lavoro è stato possibile grazie alla collaborazione dell’Associazione Italiana Disordini da Esposizione Fetale ad Alcol e/o Droghe (AIDEFAD) di cui è presidente e fondatore Claudio Diaz, una persona che ha vissuto e vive i problemi correlati ai Disturbi da Esposizione Fetale ad Alcol e/o Droghe (FASD). Gli associati di AIDEFAD hanno contribuito con la loro testimonianza, condividendo la loro esperienza sulla FASD, attraverso questionari ed interviste. Da questa indagine emerge la tendenza della biomedicina a privilegiare l’aspetto biologico e a ridurre la dimensione socioculturale della malattia, senza tener conto del contesto sociale, relazionale e delle condizioni di crescita.
Con questo lavoro spero di contribuire alla diffusione della conoscenza delle conseguenze derivanti dall’esposizione ad alcol e droghe durante la gravidanza e delle problematiche legate allo Spettro dei Disturbi Feto-Alcolici. Non bisogna dimenticare che l’arma più efficace è la prevenzione, che può essere fatta seguendo una semplice regola: zero alcol e droghe in gravidanza.
Ad oggi, soprattutto in Italia, il lavoro da fare per aiutare le persone con FASD è ancora molto. Diffondere l’informazione sulla Sindrome Feto-Alcolica e i Disturbi Correlati è solo un piccolo passo, che ne richiede tanti altri affinché queste persone possano ottenere il giusto riconoscimento.
Presentazione Tesi
Da sindrome a malattia: un approccio socio-antropologico alla FASD (Spettro dei Disturbi Feto-Alcolici)
Il lavoro svolto in questa tesi, attraverso un’indagine socio-antropologica sulla (FASD) Spettro dei Disturbi Feto-Alcolici, cerca di mettere in rilievo l’influenza degli aspetti socio-relazionali sulla condizione di malessere. La Sindrome Feto-Alcolica è una patologia diffusa ma poco conosciuta e spesso mal diagnosticata, per cui viene considerata una malattia rara.
La metodologia utilizzata fa riferimento ai saperi dell’antropologia medica:
- Vuole mettere in luce la dimensione socioculturale, attraverso la ricerca produce riflessioni su corpo, salute e malattia, mettendoli in relazione ai diversi contesti culturali, sociali e politici;
- Comprendere meglio le prospettive mancanti nello studio della malattia, la maggior parte delle conseguenze dell’esposizione fetale all’alcol sono connesse alla sfera relazionale;
- Considerare l’efficacia terapeutica non esclusivamente attribuibile al trattamento medico o farmaceutico, ma come il frutto di una più ampia serie di fattori e meccanismi socioculturali, come prodotta dall’efficacia simbolica, infatti far rientrare il male in uno schema biomedico, aiuta la persona che soffre a stare meglio nonostante non ci sia una cura specifica;
- In base alla concezione antropologica il concetto di “cura”, si definisce come una tecnica dell’attenzione, dell’ascolto e del dialogo, basata su una comunicazione corporea e sulla dimensione emozionale e politica che questa comporta, dal punto di vista antropologico non esistono malattie incurabili, poiché ogni gesto rivolto alla persona sofferente può avere un’efficacia di cura sullo stato di dolore e di sofferenza.
In questo lavoro sono state descritte cosa sono la FASD (Spettro dei Disturbi Feto-Alcolici) e la FAS (Sindrome Feto-Alcolica), in quanto contesto d’indagine. Con il termine FASD (Spettro dei Disturbi Feto-Alcolici) si indicano i diversi disturbi correlati all’esposizione all’alcol in gravidanza. L’alcol è riconosciuto come una sostanza potenzialmente teratogena, in grado di indurre anomalie nello sviluppo embrionale e fetale. Le conseguenze dell’esposizione prenatale all’alcol comprendono effetti che vanno dalla disabilità, a problemi di tipo fisico, mentale, comportamentale e di apprendimento. La FAS (Sindrome Feto-Alcolica), è la più grave delle patologie, è l’unica diagnosi specifica, è caratterizzata dalla presenza di anomalie come: ritardo nella crescita prenatale e/o postnatale; danni al sistema nervoso centrale (deficit intellettivi e comportamentali); malformazioni craniofacciali.
Le conseguenze dell’esposizione fetale all’alcol che si possono manifestare in un individuo con FASD possono essere suddivise in disabilità primarie e secondarie, possiamo vedere come la maggior parte sono strettamente connesse con la sfera relazionale.
In questa indagine oltre all’approccio dell’antropologia medica, si fa riferimento a fonti di carattere scientifico, dando al lavoro un taglio di carattere medico, psichiatrico e pedagogico.
Uno spazio è stato dedicato ad esperti, che con il loro lavoro hanno contribuito all’attività divulgativa. Alcuni di questi riguardano:
- Le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sono: “zero alcol in gravidanza”. Inoltre, un contesto di vita sano può migliorare le condizioni del soggetto proteggendolo dallo sviluppo delle disabilità.
- Il Professore Ceccanti è stato il primo in Italia ad occuparsi di FASD, nel 2005 viene effettuata la prima ricerca in Italia rivolta alle scuole elementari della provincia di Roma.
- L’epigenetica costituisce un punto di aggancio fra scienze biologiche e scienze sociali, infatti l’intreccio tra patologia ereditaria e condizioni sociali in cui si vive è molto forte.
L’Associazione Italiana Disordini da Esposizione Fetale ad Alcol e/o Droghe – aps (AIDEFAD), con la sua collaborazione, è stata fondamentale per la realizzazione di questo lavoro. Gli associati di AIDEFAD hanno contribuito con la loro testimonianza, condividendo la loro esperienza sulla FASD, attraverso questionari ed interviste. AIDEFAD ha come obiettivo quello di mettere in atto iniziative utili ad informare sui Disturbi da Esposizione Fetale ad Alcol e/o Droghe e di migliorare la qualità della vita di chi convive con questa disabilità permanente e delle loro famiglie.
In questo lavoro sono stati esaminati i dati raccolti mediante il questionario e le interviste, attraverso il metodo della “illness narratives”.
Il questionario è stato il primo strumento utilizzato per conoscere i soci di AIDEFAD, sono state raccolte in questa slide le risposte più eloquenti: hanno aderito in 16; è stato compilato per il 25% da persone direttamente interessate e per il 75% da genitori adottivi; per i soci AIDEFAD costituisce l’unico punto di riferimento per chi deve affrontare le problematiche legate alla FASD; in 7 hanno ricevuto supporto dalle associazioni ed in 8 non ne hanno ricevuto nessuno; una delle risposte più condivise è stata: la necessità di attività di informazione e sensibilizzazione. Questo dato dimostra come siano insufficienti le informazioni che si hanno sulla FASD in più livelli della nostra comunità, a partire dalla prevenzione fino alla formazione di professionisti.
Con l’approccio della “illness narratives” si è cercato di dare un ulteriore contributo.
Al centro di questo lavoro vi sono le testimonianze di chi convive con le problematiche legate alla FASD, che sono racconti dell’esperienza individuale della malattia, “illness narratives”, che hanno permesso una ricostruzione della storia di vita attraverso una metodologia etnografica. Cioè una micronarrazione costruita dal paziente a partire dall’incorporazione della propria esperienza di vita, che ha permesso di cogliere la complessità della trasformazione corporea prodotta dall’esperienza del malessere e la produzione di significati che i soggetti sofferenti attivano ricorrendo al linguaggio.
Nelle seguenti slide sono state raccolte alcune frasi estrapolate dalle interviste svolte.
La storia di Claudio dà speranza, in quanto costituisce la dimostrazione concreta che anche se ad oggi non esiste una cura, con interventi adeguati e strategie mirate si può ottenere una qualità della vita migliore.
Una testimonianza che mi ha colpito è quella di E. che racconta: «…in quella diagnosi mi ci sono riconosciuto, mi hanno detto che tutto quello che avevo fatto non era colpa mia, che erano dei momenti di difficoltà, dei momenti in cui cercavo disperatamente aiuto a causa del mio malessere e per la prima volta mi sono sentito capito»
Questa testimonianza dimostra che a volte è il percorso terapeutico a rivelarsi inadeguato e a peggiorare le condizioni di vita, la consapevolezza sulla propria condizione e la corretta diagnosi producono un effetto terapeutico.
Dalle testimonianze si può notare come:
- Vi è una carenza di professionisti che si occupano di FASD e di strutture adeguate sul territorio.
- Gli enti che si occupano di adozione spesso forniscono informazioni errate, incomplete e poco chiare, manca un’adeguata rete di supporto sul territorio.
- La diagnosi precoce consente maggiori possibilità di recupero e di avere una migliore integrazione nella società.
- I processi di blaming e di colpevolizzazione sono un elemento ricorrente nei racconti, le colpe vengono addossate ai figli che vengono considerati inadeguati, aggressivi, svogliati e dunque vengono isolati ed allontanati dalla società, i genitori adottivi vengono giudicati inadatti perché non sono riusciti nel loro compito di “bravi genitori”.
- L’auto-stigma si verifica anche negli individui con FASD quando interiorizzano convinzioni negative sulla loro condizione e ciò può portare a una sottostima del proprio potenziale.
- Assistiamo ad un processo di biologizzazione del disagio, la FASD si costruisce dentro la cultura della biomedicina fatta di controlli, diagnosi, farmaci e terapie. In base alla logica biomedica vi è il problema di individuare una malattia sconosciuta ai più, questo può essere causa di sofferenza per il paziente.
Concludendo, da questo lavoro è emerso:
- La tendenza della biomedicina a privilegiare l’aspetto biologico e a ridurre la dimensione socioculturale della malattia, cioè contesto sociale, relazionale e condizioni di crescita.
- Il valore del lavoro di AIDEFAD, infatti vi è la necessità di incentivare la diffusione sul territorio di altre realtà come questa.
- Il percorso di adozione è un elemento che fa emergere le problematiche legate alla FASD, che altrimenti rimarrebbero nascoste.
- La dimensione sociale della malattia, in quanto ha origine da un comportamento, cioè l’abuso di alcol durante la gravidanza, le cui conseguenze vengono trasmesse alla generazione successiva.
Diffondere l’informazione sulla Sindrome Feto-Alcolica e i Disturbi Correlati è solo un piccolo passo, che ne richiede tanti altri affinché queste persone possano ottenere il giusto riconoscimento.
Leggi la PRESENTAZIONE DELLA TESI
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