…La cosa più importante del sapere di avere la FASD (o che una persona ha la FASD) è il cambio di punto di vista con cui si leggono i comportamenti. La diagnosi è fondamentalmente lo strumento con cui iniziare il percorso di recovery, che è la sola strada che consenta realmente di realizzare una vita appagante!…
AUTORE
Claudio Diaz
CATEGORIA
FASD, Riflessioni
POSTATO IL
4 Ottobre 2022
SOCIAL
La questione se la diagnosi di Spettro dei Disordini Feto Alcolici (FASD) sia utile negli adulti è estremamente importante e articolata perché coinvolge più punti di vista e quindi richiede, come tutte le questioni complesse, un sforzo nel tentare di comprendere le varie prospettive.
E quali sono queste prospettive?
Be’, sono quella della persona con FASD, quella della sua famiglia e quella dei professionisti (sanitari, sociali, legali, ecc.). Forse si comincia già da qui a capire perché la questione sia complessa.
Cerchiamo allora di andare con ordine partendo dal punto di vista di chi la FASD ce l’ha e vuole una diagnosi.
Se chi è stato esposto durante la gravidanza ad alcol e/o sostanze psicoattive e ha sviluppato uno dei fenotipi conseguenti questa esposizione, ma non è stato diagnosticato durante l’infanzia, è arrivato a sottoporsi a una valutazione diagnostica, questo significa che ha sviluppato una serie di problematiche più o meno invasive, quelle che vengono definite “disabilità secondarie“, che hanno spinto a chiedere aiuto. Non dimentichiamoci che se si va da un medico lo si fa perché si ha bisogno di aiuto.
In tal caso la diagnosi è potenzialmente vitale perché offre alla persona le risposte, o almeno una serie di risposte, alle domande che sta ponendo e che si sta ponendo probabilmente da sempre.
Uno dei più drammatici impatti per una persona con un disturbo del nerusoviluppo che non abbia ottenuto la diagnosi, o che abbia ottenuto una diagnosi errata, è quello di essere cresciuti sentendosi sbagliati, inadeguati, inopportuni.
Dunque ottenere finalmente la diagnosi consente di spiegare prima di tutto a sé stessi e quindi anche al proprio mondo che non si era sbagliati, ma che c’è una ragione ben precisa per ciò che è accaduto, per le difficoltà vissute, per il dolore e anche per lo sviluppo di quelle disabilità secondarie che sono la ragione per cui ci si è rivolti al medico. Quindi, in questo caso la diagnosi e dunque la ricostruzione della propria vita e conseguentemente di sé stessi può fortemente contribuire alla risoluzione dei problemi di dipendenza, all’interruzione o modifica di terapie verosimilmente psicofarmacologiche inadeguate, all’inizio di un percorso di psicoterapia che finalmente riconosca il diverso funzionamento neurologico di quella persona, all’individuazione di un’attività lavorativa compatibile con la FASD, alla ricostruzione di rapporti familiari, ecc.
Insomma, in questo caso senza ombra di dubbio la risposta alla domanda se la diagnosi nell’adulto sia utile è assolutamente SI’!
Passiamo ora al punto di vista della famiglia immaginando che combaci in entrambi i genitori (cosa non propriamente frequente…) e tenendo ben a mente che nel caso della FASD è necessario ricordare che ci riferiamo sempre a genitori naturali e adottivi/affidatari e che ciò chiaramente comporta approcci molto differenti.
I genitori possono sperimentare convincimenti molto diversi circa l’utilità di effettuare una diagnosi di FASD al proprio figlio che risentono chiaramente di aspetti culturali, stigma, pregiudizio, speranza, illusione…
A differenza dei Paesi del centro-nord Europa la percentuale di genitori biologici che si sia rivolta alla nostra associazione o che abbia reso pubblica la diagnosi del figlio per sensibilizzare sui rischi dell’uso di alcol (e sostanze psicoattive) durante la gravidanza è minima, quasi inesistente.
Nei genitori naturali, quindi, prevale purtroppo il peso dello stigma che spinge a negare l’uso di alcol e sostanze durante la gravidanza e preferire diagnosi frequenti di ADHD, Sindrome di Asperger (Autismo ad alto funzionamento), Disturbi di personalità, insomma diagnosi che si limitano alla descrizione di sintomi, ma che non ne individuano l’origine. Questo atteggiamento, seppur non condivisibile, è ampiamente comprensibile, ma il nostro lavoro tende e tenderà sempre all’accoglienze delle famiglie naturali al fine, da un lato, di far loro comprendere che solo la corretta diagnosi offre la possibilità di un corretto approccio, dall’altro perché solo facendo emergere la reale entità di questo disturbo si potrà agire un reale e impattante lavoro di prevenzione volto a un’azione di salute pubblica che tuteli i nostri bambini e la nostra società.
Nei genitori adottivi al contrario è frequente il convincimento che la diagnosi sia salvifica, che come per magia cancellerà tutti i problemi che il figlio sta sperimentando e comprensibilmente più sono importanti i problemi più questa illusione tende a essere forte.
In questi casi è fondamentale cercare di far comprendere che purtroppo non è così. Una diagnosi, ancor più di una condizione per la quale non esista una terapia specifica, è inutile se non cercata dalla persona direttamente interessata. O meglio, può essere utile per aspetti legali, burocratici, ma non per il percorso di recovery per il quale la diagnosi è invece vitale se ricercata.
Questo è ancor più vero oggi che il nostro Paese è lontano dall’avere professionisti esperti sia nel percorso diagnostico che in quello terapeutico nell’adulto. Perciò la diagnosi non introduce la persona in strutture o percorsi mirati che modifichino, per esempio, la terapia psicofarmacologica o l’approccio riabilitativo.
Sia chiaro, questo non significa che la diagnosi sia inutile, significa che laddove la persona con FASD non sia partecipe nella ricerca di risposte o sia purtroppo entrata nel circolo vizioso della dipendenza o abbia sviluppato importanti problemi di salute mentale, la famiglia deve essere assolutamente consapevole che l’ottenimento della diagnosi non genererà il cambiamento desiderato. Purtroppo la FASD non è un’infezione che possa essere curata con un antibiotico.
Veniamo ora al punto di vista dei professionisti.
Anche qui è chiaro che stiamo agendo una enorme semplificazione e che ogni persona ha convincimenti diversi, ma la nostra semplificazione serve a tentare di illustrare una visione maggioritaria.
Circa la diagnosi nell’adulto il convincimento che sia utile nei professionisti è molto recente e non frequente. La tendenza ancora diffusa purtroppo è che non serva perché tanto non esistendo una terapia specifica la persona viene comunque trattata come per altre condizioni di tipo neuropsichiatrico. Questa interpretazione è vera solo in parte. Se è vero che si usano gli stessi approcci terapeutici, siano essi farmacologici o psicoterapeutici, è invece dimostrato che non si usano nello stesso modo, che il paziente consapevole del suo reale disturbo risponde meglio che se non è consapevole, che il professionista che conosce la FASD e sa che il suo paziente la ha, ha un approccio differente, che la terapia psicofarmacologica ha effetti diversi positivi e negativi e che nelle persone con FASD deve essere somministrata conoscendo questa diversa risposta e non per tentativi!
Per quanto riguarda i professionisti legali solo da pochissimo e grazie al lavoro di AIDEFAD sta emergendo la consapevolezza, già invece molto presente in altri Paesi anche europei, di quanto le persone con FASD siano soggette a compiere reati e a subirne a causa della loro facile suggestionabilità, della difficoltà di comprendere il rapporto di causa-effetto e per la loro impulsività. Per questo una diagnosi corretta può avere un importante impatto a livello giudiziario nel permettere di inquadrare le azioni compiute o subite all’interno del riconoscimento di queste specifiche caratteristiche consentendo l’emissione di sentenze adeguate.
Come avete potuto vedere la questione della diagnosi nell’adulto è molto complessa e ancora poco affrontata.
Purtroppo partecipa a rafforzare l’idea dell’inutilità di fare una diagnosi di FASD nell’adulto l’assenza di criteri diagnostici condivisi. Inoltre quelli usati sono molto centrati sul bambino. Nel caso dell’adulto, ancor più che nel bambino, risulta a nostro avviso assai utile l’utilizzo dei criteri proposti dal DSM 5 per il Disturbo Neurocomportamentale associato all’Esposizione Prenatale all’Alcol (DN-EPA).
In conclusione qualunque sia la prospettiva che assumiamo risulta evidente che la diagnosi di FASD nell’adulto e’ utile e importante!
Altrettanto importante è la comunicazione corretta e sincera di quali siano le verosimili conseguenze (pro e contro) di questa diagnosi e il rispetto della volontà della persona con FASD.
La cosa più importante del sapere di avere la FASD (o che una persona ha la FASD) è il cambio di punto di vista con cui si leggono i comportamenti. La diagnosi è fondamentalmente lo strumento con cui iniziare il percorso di recovery, che è la sola strada che consenta realmente di realizzare una vita appagante!
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