PARTE 1: ALCOL e GRAVIDANZA
In gravidanza comincia un viaggio verso una nuova vita e questi nove mesi sono fondamentali per la salute del nascituro. Perciò è molto importante conoscere cosa accade nel corpo della mamma e del bambino e quali fattori possano essere dannosi. Soprattutto è necessario informare e tutelare la donna affinché adotti uno stile di vita salutare per proteggere questo delicato periodo. Questo compito appartiene a tutti, perché ogni gravidanza è un bene comune: sono coinvolti le donne, le famiglie, i professionisti e la società civile in generale. Bere alcol, usare sostanze psicotrope, fumare tabacco in gravidanza può provocare dei danni al nascituro; questa informazione non sempre è conosciuta in modo approfondito, anche dagli stessi operatori sanitari.
L’esposizione a sostanze psicoattive durante la gravidanza può avere effetti anche molto gravi sullo sviluppo del feto e del bambino. Quando una donna in gravidanza beve alcol, fuma o “si droga” anche il suo bambino lo fa con lei. Le sostanze psicoattive sono teratogene, cioè in grado di indurre anomalie nello sviluppo embriofetale: attraversano la barriera placentare e arrivano direttamente al feto causando una serie di problemi a breve e a lungo termine. In fase prenatale questi effetti vanno dall’aborto spontaneo, al ritardo di crescita intrauterino al basso peso alla nascita. Dopo la nascita si possono manifestare malformazioni fisiche, ritardo mentale e problemi comportamentali. La tipologia ed entità dei danni dipende da diversi fattori quali la quantità di sostanze consumate durante la gravidanza, la tipologia del consumo (cronico o occasionale), l’intensità e il periodo di gestazione in cui avviene l’esposizione, l’interazione con altre sostanze, fattori alimentari, predisposizione genetica, condizioni di vita della madre. Anche se i periodi più critici sono le prime settimane di gestazione, ogni periodo della gravidanza può avere effetti dannosi su diversi organi.
Poiché non esiste una quantità minima che sia effettivamente dimostrata essere priva di rischi per il feto, per un principio di precauzione viene raccomandata la totale astensione dal consumo di sostanze durante tutta la gravidanza. Questa affermazione, apparentemente scontata, viene a volte disconosciuta dagli stessi sanitari quando viene riferito, da parte di alcune gravide, un uso saltuario di fumo di tabacco o di bevande alcoliche e forse in alcuni casi anche di cannabis.
PARTE 2: ALCOL e SOSTANZE
ALCOL
Il consumo di alcol presenta una grande ambivalenza culturale, non solo nella popolazione generale, ma anche nei professionisti, proprio perché appartiene alle abitudini del nostro quotidiano. La donna rispetto all’uomo è più vulnerabile ai danni alcol correlati (Ceccanti et al, 2004), sia per l’azione tossica diretta che per la capacità di eliminazione dell’alcol. Nella donna la quantità di alcol metabolizzato nello stomaco è indicativamente quattro volte inferiore a quella dell’uomo, poiché presenta quantità più basse di ADH ( = Alcohol Dehydrogenases). Inoltre:
- l’organismo femminile ha una maggiore massa di grasso e minore quantità di sangue, di conseguenza la concentrazione di alcol è maggiore.
- Le modificazioni ormonali influenzano il livello di ADH epatico, riducendone la metabolizzazione.
- La metabolizzazione dell’alcol risulta diminuita se si assumono contraccettivi orali.
- Il consumo di alcol è associabile all’infertilità femminile.
- Alcuni studi hanno rilevato un legame tra l’assunzione di bevande alcoliche e forme tumorali, in particolare il tumore al seno.
- Le donne più facilmente rimangono vittime di incidenti e violenze.
Il consumo di alcol per la donna è più dannoso rispetto all’uomo e, di conseguenza, bisogna prestare maggiore attenzione all’adolescenza, al pre-concepimento, alla gravidanza e all’allattamento (Mancinelli et al, 2013). L’alcol è riconosciuto come una sostanza potenzialmente teratogena, in grado di indurre anomalie nello sviluppo embriofetale. Le conseguenze dell’esposizione prenatale all’alcol comprendono un continuum di effetti che includono disabilità e problemi di tipo fisico, mentale, comportamentale e/o di apprendimento, con implicazioni che possono durare tutta la vita. Quando una donna in gravidanza beve alcol, anche il suo bambino «beve» con lei, infatti l’alcol attraversa facilmente la placenta e raggiunge elevate concentrazioni a livello fetale. Nel mondo occidentale l’uso di alcol in gravidanza è una delle principali cause di ritardo mentale del bambino.
NICOTINA
La nicotina rappresenta un fattore di rischio per il basso peso alla nascita ed è associata a un basso peso anche nella crescita del bambino. Il feto è esposto maggiormente alla nicotina di quanto non lo sia la madre. Sembra che i bambini non vadano incontro a rilevanti sintomi d’astinenza. Gli effetti a lungo termine sulla crescita non sono chiari, ma sono emersi problemi di impulsività, ridotta capacità di concentrazione, difficoltà nello sviluppo del linguaggio, nell’apprendimento e della memoria. Alcuni studi riferiscono correlazione tra nicotina, alcol e ADHD (Brinkman et al, 2015)
Diversi studi hanno trovato una correlazione tra fumo di sigarette e: aborto spontaneo, complicanze ostetriche, mortalità perinatale, mortalità neonatale, rischio di infezioni, malformazioni fetali (in particolare malformazioni cardiache congenite quali malformazioni del setto, descritti casi di ridotto volume renale).
CANNABIS
Il THC, principio psicoattivo della cannabis, è una molecola lipofila e per questo può facilmente attraversare la barriera placentare. È molto difficile studiare gli effetti dell’uso della marijuana in gravidanza, perché molte donne fanno uso contemporaneamente anche di alcol, tabacco o altre sostanze. Inoltre di solito non sono disponibili le informazioni sulla quantità, la frequenza e le modalità temporali di assunzione per i partecipanti alle ricerche. Questi fattori potrebbero spiegare perché i risultati delle ricerche finora pubblicate a volte sembrano incoerenti. L’esposizione fetale al THC danneggia il sistema endocannabinoide del feto con conseguenti alterazioni dello sviluppo del SNC (Richardson et al, 2016); si rileva, inoltre, un aumento di possibilità di uso di cannabinoidi negli adolescenti le cui madri ne hanno fatto uso durante la gestazione (Sonon et al, 2015). Alcune ricerche suggeriscono che le donne che fumano spinelli regolarmente corrono un maggior rischio di parto prematuro e di dare alla luce un bambino con basso peso alla nascita, esattamente come accade per le donne che fumano sigarette. I bambini prematuri che al momento della nascita pesano poco corrono maggiori rischi di morte in culla. Alcuni studi hanno osservato come l’esposizione intrauterina alla cannabis provochi seri problemi nello sviluppo neurologico e comportamentale del neonato, con effetti che includono ritardi mentali e problemi intellettivi. (Jutras-Aswad et al, 2009).
COCAINA
La cocaina attraversa facilmente la barriera placentare accumulandosi nei tessuti fetali in concentrazioni maggiori di quelle osservate nel plasma materno.
Studi sull’animale e sull’uomo hanno dimostrato che l’assunzione di cocaina produce un’ipertensione materna con riduzione del flusso ematico utero-placentare e riduzione del flusso ematico ombelicale anche in virtù dell’incremento della resistenze vascolari, portando così ad ipossia e/o asfissia fetale.
L’ipossia fetale cronica spiega il ritardo di crescita intrauterino e la diminuzione della circonferenza cranica fetale, che si manifestano nei feti di gestanti che fanno uso di cocaina (Addis et al, 2011). Si associano, inoltre, all’assunzione di questa droga in gravidanza un aumento della percentuale di parti pretermine, un aumento di casi di rottura prematura delle membrane nonché una maggiore incidenza di complicazioni neonatali. Gli studi stanno mostrando che l’esposizione a cocaina durante lo sviluppo fetale può comportare dei lievi ma significativi deficit in alcuni bambini, inclusi deficit delle performance cognitive. Sono state descritte malformazioni soprattutto al SNC, ma anche cardiache, intestinali, oculari. Inoltre, è emerso che i bambini esposti a cocaina durante il periodo di gestazione mostrano problemi di tipo comportamentale, sono più irritabili rispetto ai figli di donne che non avevano consumato cocaina in gravidanza e mostrano riflessi più lenti (Richardson et al, 2007).
OPPIOIDI
L’effetto teratogeno degli oppioidi sembra essere inferiore rispetto a quello di altre sostanze, ma non va assolutamente sottovalutato. Gli oppioidi passano la barriera placentare e si ritrovano nel latte materno. L’uso continuo di eroina in gravidanza è associato a rischio di rallentata crescita fetale, iposviluppo del tessuto osseo, morte intrauterina, distacco della placenta, parto prematuro (Wilson et al, 1973). Questi effetti potrebbero essere ricondotti all’esposizione ripetuta della placenta e del feto a sindrome astinenziale da oppioidi e, quindi, a condizione di severo distress. A questi eventi si aggiunge l’elevato rischio di sindrome astinenziale neonatale (NAS).
Va ricordato che spesso le donne con dipendenza da eroina hanno condizioni di salute (ad esempio infezioni da uso intravenoso) e socio-economiche precarie che possono peggiorare l’andamento della gravidanza e tendono ad avere scarsa compliance agli interventi prenatali di cura e prevenzione proposti loro. L’effetto avverso più temuto in caso di uso continuativo durante il terzo trimestre di gravidanza e nel periodo pre-parto è la sindrome da astinenza del neonato (NAS) con depressione respiratoria, tremori, vomito, diarrea, febbre, convulsioni, acidosi respiratoria e metabolica. I dati disponibili su donne che avevano assunto oppioidi prescrittivi (ad es. codeina, ossicodone, propossifene e meperidina) durante il primo trimestre, non hanno evidenziato nei nati esposti un significativo aumento, rispetto all’atteso, di anomalie congenite.
La Terapia di Mantenimento con Oppioidi (OMT), cioè metadone (MMT) e buprenorfina (BMT), combinata con cure prenatali e sostegno psico-sociale, è il trattamento di scelta per la gravide con dipendenza da oppioidi e può migliorare molti degli eventi avversi associati al consumo di eroina, sia nella madre che nel figlio (Burns et al, 2006).
Alcuni studi hanno segnalato un’associazione tra assunzione di analgesici oppioidi e malformazioni congenite. Un’attenta rivalutazione di tali studi ha messo in discussione i risultati per le limitazioni metodologiche, l’assenza di un pattern malformativo specifico e la possibilità di numerosi fattori confondenti (abitudini di vita/farmaci associati/sostanze voluttuarie/infezioni). Sono segnalati deficit neuro-comportamentali a distanza; tali dati necessitano di ulteriori conferme e di valutazione dei bambini a lungo termine, anche qui per la presenza di molteplici fattori confondenti (Lind et al, 2017).
MDMA
L’ectasy agisce sul sistema nervoso centrale a livello del sistema serotoninergico, inoltre agisce impedendo la ricaptazione della dopamina; in tal modo si determina uno squilibrio tra neurotrasmettitori dopaminergici e serotoninergici. Probabilmente è per questo che si sviluppano problemi a livello motorio, comportamentale, deficit di attenzione e dell’umore. Sono state descritte alterazioni comportamentali, della memoria a lungo termine, dell’apprendimento, dell’attività locomotoria, del rapporto tra i sessi alla nascita (la sostanza può influenzare il sesso del nascituro); inoltre, sono stati rilevati deficit cognitivi e gravi deficit motori riguardanti soprattutto: movimenti oculari, movimenti delle mani, bilanciamento della testa, bilanciamento del corpo, difficoltà a sedersi senza supporto (Singer et al, 2012).
BENZODIAZEPINE
Studi sulla categoria delle Benzodiazepine non hanno evidenziato, per assunzione sporadica e a dosi terapeutiche, un aumento del rischio di anomalie fetali rispetto all’atteso (Bellantuono et al, 2013), L’uso di benzodiazepine nell’ultimo trimestre di gravidanza può provocare nei neonati distress neonatale con ipotonia, ipotermia, tremori, cianosi, distress respiratorio, transitorie alterazioni comportamentali, basso peso alla nascita, parto pretermine (Laegreid et al, 1992). Sono descritte anche alterazioni dello sviluppo psico-motorio nel neonato-bambino; tali dati necessitano, però, di ulteriori studi a lungo termine a causa dei molteplici fattori confondenti (policonsumo di sostanze, abitudini di vita, fumo, alcool).
Parte 3: LA SINDROME FETO ALCOLICA (FAS) E I DISTURBI CORRELATI (FASD)
A) CARATTERISTICHE GENERALI
La sindrome Alcol Fetale fu descritta per la prima volta in Francia nel 1968 da Paul Lemoine (Lemoine et al, 1968) e poi, agli inizi degli anni ’70, dagli statunitensi Smith e Jones (Jones & Smith, 1973) che ripresero le ricerche e attribuirono alla sindrome il nome di Fetal Alcohol Syndrome, ridefinendo quella serie di malformazioni e alterazioni comportamentali che venivano chiamate Funny Looking Kinds (tipi dall’aspetto bizzarro). Da allora studi sempre più numerosi, condotti in tutto il mondo, hanno permesso di definire meglio la gamma dei diversi disturbi del feto correlati all’esposizione all’alcol, denominata “Spettro dei disordini feto-alcolici” (Fetal Alcohol Spectrum Disorder FASD). La FASD è considerabile come un ombrello sotto il quale si trovano le varie espressioni del disturbo, quali FAS (Fethal Alcohol Syndrome), FAE (Fetal Alcohol Effects), ARND (Alcohol-Related Neurodevelopmental Disorders), ARBD (Alcohol-Related Birth Defect). Queste diverse terminologie si riferiscono a situazioni cliniche in cui non tutte le caratteristiche della FAS sono presenti, oppure appaiono meno evidenti. In particolare le alterazioni del Sistema Nervoso Centrale comporterebbero una serie di alterazioni cognitive e comportamentali a breve e a lungo termine che spesso sono difficili da identificare, perché possono subire modificazioni nel corso della vita e, inoltre, possono essere confuse con altre patologie.
La FASD è una disabilità “trasparente”, cioè difficile da riconoscere senza una corretta diagnosi.
La definizione include tutte le anomalie che possono presentarsi a causa dell’esposizione fetale all’alcol, è un termine “ombrello” che comprende diverse disabilità (Tarani et al, 2015).
Sindrome Feto-Alcolica (Fetal Alcohol Syndrome, FAS)
Questo termine viene utilizzato per indicare la sindrome pienamente espressa, caratterizzata da:
- ritardo nella crescita prenatale e/o postnatale;
- danni del SNC (alterazioni neurologiche, ritardo nello sviluppo mentale con deficit intellettivi e comportamentali);
- malformazioni craniofacciali caratteristiche (microcefalia, epicanto, fessure oculari strette, strabismo, naso corto e piatto, labbro superiore sottile, solco naso-labiale piatto, fronte alta e stretta, ipoplasia mascellare e mandibolare).
Inoltre, possono manifestarsi malformazioni congenite di tipo scheletrico, cardiaco, urogenitale, oculare e uditivo.
Effetti Feto-Alcolici (Fetal Alcohol Effects, FAE)
Questo termine era prima utilizzato per descrivere l’espressione parziale della sindrome feto-alcolica, ad esempio nello sviluppo neurologico con anomalie facciali o difficoltà nell’accrescimento lievi o assenti, contestualmente all’ammissione di abitudine al consumo di alcol da parte della madre.
Disordini dello Sviluppo Neurologico Alcol-Correlati (Alcohol-Related Neurodevelopmental Disorders, ARND)
Con questo termine si è soliti descrivere i danni causati dall’esposizione all’alcol in utero a livello neurocomportamentale e/o cognitivo, con o senza anomalie strutturali a livello del sistema nervoso centrale.
Difetti Congeniti Alcol-Correlati (Alcohol-Related Birth Defect, ARBD)
Questo termine viene utilizzato per descrivere varie malformazioni causate dall’esposizione fetale all’alcol.
B) ASPETTI EPIDEMIOLOGICI DELLA FASD
A livello mondiale, la stima della prevalenza della Sindrome Alcolica Fetale (FAS) oscilla tra lo 0,5 e i 3 casi su 1000 nati vivi nella maggior parte delle popolazioni, con alcune comunità che hanno tassi più alti (Stratton et al, 1996): negli Stati Uniti la prevalenza è stimata tra 0,5 e 2 su 1000 nati vivi (May & Gossage, 2001), in Sud Africa raggiunge i 40 casi su 1000 bambini in età scolare (May et al, 2000).
L’intero spettro dei disturbi correlati (FASD), invece, è stimato intorno ai 9 casi su 1000 nati vivi, quindi circa l’1% della popolazione globale (Sampson e et al, 1997). Tuttavia, studi più recenti su bambini in età scolare riferiscono una prevalenza dell’intero spettro di FASD più alta, che oscilla tra il 2% e il 5%, negli Stati Uniti e in alcuni paesi dell’Europa Occidentale (May et al, 2009).
In Italia, in generale sei donne in età fertile su dieci, tra i 18 e i 44 anni, consumano bevande alcoliche (ISTAT, 2017). In gravidanza, la percentuale delle donne che bevono bevande alcoliche è stimata tra il 25% e il 35% (Popova et al, 2017).
Per quanto riguarda la prevalenza di FAS e FASD nel nostro paese, l’unico studio realizzato, pubblicato nel 2011 dal gruppo del Prof. Mauro Ceccanti dell’Università La Sapienza di Roma, ed effettuato su 976 bambini di scuole primarie di due provincie del Lazio, ha evidenziato una prevalenza compresa tra il 4,0 e il 12,0 su 1000 di FAS, e tra 18,1 e il 46,3 su 1000 di FAS parziale (May et al, 2011).
È stato di recente pubblicato uno studio internazionale che ha stimato la prevalenza della FAS a livello mondiale, rifacendosi agli studi già esistenti compiuti nei singoli paesi. Secondo questo studio, si stimano nel mondo 1,46 casi di FAS ogni 1.000 persone, corrispondenti a circa 119 000 bambini nati con FAS ogni anno. L’Italia ha una prevalenza di FAS dell’8,2‰, stima che varia tra il 4,2 e il 13,5 su 1000 (Popova et al, 2017).
Le difficoltà legate alla rilevazione dei consumi nelle donne, alla diagnosi e ai pochi e imprecisi studi sperimentali sull’organismo umano, rende difficile avere dati certi sugli effetti dose-risposta. Tuttavia secondo alcuni studi il 4,3% dei bambini nati tra le donne incinta che bevono una media di due o più drink al giorno, o da cinque a sei drink alla volta, manifesta una FAS completa, circa 1 caso ogni 23 gestanti forti consumatrici (Abel, 1995). Secondo altre rilevazioni sembra che con dosi alte e ripetitive di alcol ci sia un 6-10% di probabilità che il feto sviluppi la FAS completa, mentre con dosi più basse c’è il rischio che si manifestino effetti parziali (Ornoy & Ergaz, 2010).
C) LA FASD NELL’ETÀ ADULTA
Nel corso della vita, le persone esposte all’alcol in fase prenatale possono manifestare diverse disabilità secondarie: uno studio su 415 adolescenti e adulti con FAS/FAE (Streissguth et al, 1996) ha individuato nel 90% dei soggetti problemi di salute mentale, seguiti da mancanza di vita autonoma (80%), problemi con il lavoro (80%), esperienza scolastica fallimentare (60%), problemi con la legge (60%), isolamento (trattamento/carcere) (50%), comportamento sessuale inappropriato (50%), problemi di droga e/o alcol (30%). La prevalenza di ADHD (diagnosticata secondo i criteri del DSM-IV) nei bambini con una forte esposizione prenatale all’alcool è compresa tra il 49,4% e il 94% (Fryer et al, 2007), molto superiore rispetto alla prevalenza di ADHD nella popolazione generale, che varia tra il 5% e l’11% (Peadon et al, 2010).
I bambini e adolescenti in situazioni di affido, adozione e/o tutela sociale sembrano essere particolarmente esposti ai rischi e agli effetti dell’uso di alcol in gravidanza, spesso senza essere riconosciuti. Uno studio su bambini e adolescenti adottati o in affidamento che facevano riferimento ad un centro di salute mentale negli USA ha rilevato che dei 156 che avevano i criteri per una diagnosi rientrante nello spettro della FASD, l’80% (125) non era mai stato diagnosticato come tale (Chasnoff et al, 2015). Sempre negli Stati Uniti, è stato rilevato che i bambini in affidamento hanno un rischio 10-15 volte maggiore di avere una FAS rispetto alla popolazione generale (Astley et al, 2015). In Canada, i bambini ospitati in strutture protette hanno un’alta probabilità di aver subito danni da etanolo in gravidanza: Il 6% ha la FAS, il 16,9% la FASD (Lange et al, 2013). In Europa, uno studio su 71 bambini adottati da paesi dell’Est Europa ha identificato la FASD in un soggetto su due: il 30% la FAS completa, il 14% la FAS parziale, il 9% ARND (Landgren et al, 2010).
D) IN SINTESI: ALTERAZIONI COGNITIVE E COMPORTAMENTALI A BREVE E A LUNGO TERMINE CHE POSSONO MANIFESTARE LE PERSONE CON FASD.
Disabilità primarie:
- difficoltà di memoria e di apprendimento;
- difficoltà di attenzione;
- difficoltà di elaborare concetti astratti;
- alterazione della capacità di giudizio;
- difficoltà ad elaborare le informazioni;
- difficoltà di comunicazione;
- problemi di comprensione ed elaborazione del linguaggio;
- compromissione delle funzioni esecutive;
- alterazioni dei sistemi sensoriali
- impulsività;
- disadattamento sociale.
Conseguenze secondarie (infanzia, adolescenza, età adulta):
- disoccupazione;
- perdita della famiglia;
- maggiore morbilità e mortalità;
- uso di sostanze psicoattive;
- problemi psichiatrici;
- problemi scolastici;
- problemi con la giustizia;
- comportamento sessuale inappropriato
E) LA PREVENZIONE DELLA FASD
La FASD è evitabile al 100% non consumando bevande alcoliche in gravidanza o quando si desideri concepire un figlio. Non esistono cure per “guarire dalla FASD”, ma adeguati supporti e terapie possono risolvere o migliorare notevolmente alcune problematiche che caratterizzano le persone aventi questa condizione. Per questo la diagnosi precoce è fondamentale.
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